Marian Vanzetto è nata a Feltre nel 1974. Si è laureata a pieni voti all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 2001 ha frequentato il College of Fine Art of Falmouth (Cornwall), proseguendo poi gli studi presso lo IUAV – Istituto Universitario di Architettura di Venezia – e conseguendo a pieni voti una Laurea Specialistica in Progettazione e Produzione delle Arti Visive.
Ha frequentato corsi e workshop di Fotografia e Arti Visive tenuti da illustri esponenti dell’arte contemporanea italiana ed internazionale, tra cui Joseph Kosuth, Lewis Baltz, Guido Guidi, Antony Muntadas, Hans Ulrich Obrist, Armin Linke, Marco Zanta, Angela Vettese, Giorgio Agamben.
Esprimendosi prevalentemente attraverso fotografia e video, Marian Vanzetto esplora dal 2003 – anno in cui è stata selezionata all’87ma Collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa – i concetti di paesaggio contemporaneo e di ritratto ambientato.
Ha esposto, tra gli altri, presso la Galleria Bevacqua Panigai di Treviso (2011); Palazzo Fogazzaro di Schio, (2011); Abra Atelier di Padova (2011); Fondazione Francesco Fabbri di Pieve di Soligo (2012); Spazio Navicelli di Pisa (2012); Palazzo Giacomelli di Treviso (2013); Galleria La Salizada di Venezia (2012- 2013); The Painters Gallery, Fleischmanns, New York (2012-2013); MIA Art Fair, Milano (2013).
Le fotografie di Marian Vanzetto, specialmente i suoi nostalgici paesaggi in bianco e nero carichi di emozione, riportano alla mente la grande tradizione del Romanticismo. Sebbene l’origine stilistica sia innegabile, il modo in cui l’artista fa uso di questa tradizione non è facile da decifrare. Non si rifà semplicemente allo stile, piuttosto ricerca idee che riecheggiano nell’attualità del fare arte contemporanea.
Oggi, ciò che rende attraente la tradizione romantica non è certamente il desiderio sentimentale o la malinconia, e neppure l’ideale di bellezza con il suo concetto di “sublime” o di “suggestivo”. Piuttosto, è il discorso sui limiti della ragione, sulla ricerca di un luogo dove l’emozione domini sulla volontà di organizzare, e sulla convinzione che un mondo interiore fantastico possa essere esplorato nella realtà fisica. Questa esplorazione del mondo reale alla ricerca della fantasia interiore è la caratteristica del lavoro di Marian Vanzetto.
Le sue fotografie in bianco e nero catturano ogni singolo dettaglio, ogni più piccola sfumatura nello spettro continuo delle tonalità. Da un lato c’è la radiosità della luce riflessa, dall’altro il nero profondo dell’ombra. La densità del dettaglio e la stratificazione dei vari piani prospettici creano un senso tridimensionale dello spazio, seducente, sensuale, invitante.
Questo impegno nell’accuratezza tecnica può rappresentare una convinzione romantica per cui l’immagine possiede un valore spirituale espresso attraverso le sue qualità sublimi. Ma può anche rappresentare un atteggiamento più contemporaneo. Se sufficientemente ricca, la rappresentazione di un certo luogo porta alla scoperta di ciò che può essere catturato solo dal caso, e mai per calcolo. Questo concetto è stato ben descritto da Walter Benjamin nel suo saggio “Piccola storia della fotografia”: «Soltanto attraverso la fotografia l’uomo scopre questo inconscio ottico, come, attraverso la psicoanalisi, l’inconscio istintivo». Questo è ciò che offrono le immagini di Marian Vanzetto, esse trasmettono un senso di desiderio: trovare il sé interiore nel mondo esterno.
Testo a cura di : Wanda Siedlecka