immagini di tragedie vicine e lontane da noi di Livio Senigalliesi
Le vittime delle guerre degli ultimi decenni e la dura condizione umana degli immigrati in Italia: due
percorsi paralleli che impegnano Senigalliesi da anni nel segno della fotografia come strumento di
denuncia. Con etica e sensibilità al fianco delle vittime di tragedie umane vicine e lontane.
Per combattere l'indifferenza e per non dimenticare.
UN OBIETTIVO SPALANCATO SUL MONDO
"Di fronte a un uomo che calpesta le macerie della sua casa, a una fila di persone che camminano verso il loro destino di profughi, a una fossa comune dissepolta con i suoi scheletri che ancora sembrano urlare, viene da pensare che le parole, lo sguardo, la pietà possano nulla perché la guerra e lì, con il suo odore acre di polvere e di decomposizione, forte come sa esserlo l’ingiustizia, inevitabile come ogni logica che abbia smarrito la ragione.
E allora che cosa ci fa quell’uomo con la macchina fotografica che osserva, punta il suo obiettivo, scatta per conservare tracce di una memoria altrimenti destinata all’oblio? Fa quello che ritiene giusto: mostrare la voglia di credere che qualcosa si può fare, che non tutto è perduto.
Livio Senigalliesi non si accontenta delle prime sensazioni ma va alla ricerca di quanto scorre nel profondo per indurre chi osserva le sue immagini a riflettere. Infatti, le sue fotografie non indulgono compiaciute sugli aspetti più truculenti di una realtà che pure non ne risparmia: preferisce soffermarsi su particolari che al raccapriccio antepongano il ragionamento come quel parabrezza attraversato dai proiettili e schizzato di sangue, o quel letto cambogiano nudo, essenziale, anonimo se non fosse per quella catena che gli sembra aggrappata addosso come un artiglio per evocare di quanta crudeltà è capace l’uomo di fronte a un suo simile.
Lo sguardo di Senigalliesi è lucido, tagliente indagatore ed è così che collega fatti solo apparentemente lontani.
“Sguardi incrociati” spiega già nel titolo il metodo di lavoro del fotografo che per un verso racconta guerre e violenze e per l’altro indaga sulla condizione di chi da quei conflitti fugge per giungere da noi, in Italia. E’ su costoro che il fotografo si sofferma, consapevole di dover stare sempre dalla parte di chi non ha voce per farsi conoscere.
Perché che cosa volete che dicano i ragazzi che trasportano cassette di pomodori in paesaggi che sembrano africani e sono invece pugliesi, gli uomini che incastrano i loro giacigli fra gli anfratti di un viadotto, le ragazze che si vendono ai bordi di stradoni anonimi? Vorrebbero mostrarci i barconi ammassati l’uno sull’altro nel porto di Lampedusa che li hanno trasferiti da un passato pauroso a questo brutto presente. Per loro lo fa il fotografo che sa bene di avere al collo un’arma debole come la sua fotocamera ma che usa con la forza della ragione e l’orgoglio di chi sa sfidare il mondo: proprio come quell’uomo da lui fotografato mentre, con un solo secchio d’acqua cerca di spegnere l’incendio della sua casa. Mica detto che non ci sia riuscito."
Roberto Mutti
Orario mostra: martedì – sabato: 15.00-19.30 | domenica 10.00-12.30 | 15.00-19.30